Pubblicato su Vivi Grosseto
4
maggio 2012
L’architettura
della mia terra
Personale
di Massimo Catalani
Inaugurazione
domenica 29 aprile alle 18:00
Dalle
18:30 alle 23:00, escluso il martedì e mercoledì
Via
Renato Fucini 10, Capalbio GR
E'
stata inaugurata lo scorso 29 aprile, presso il Frantoio di Capalbio,
la mostra “L'architettura della mia terra”, la personale di
Massimo Catalani che sarà visitabile fino al 31 maggio 2012.
Il
Frantoio ospiterà i dipinti dell'artista che riproducono dettagli di
opere architettoniche che fanno parte della nostra storia, come
l’architettura del periodo fascista o quella industriale.
Massimo
Catalani nasce a Roma il 2 aprile del 1960. Dopo la maturità si
iscrive ad Architettura, si laurea nel 1988 e l’anno seguente si
iscrive all’Ordine degli Architetti di Roma.
Catalani
è un artista riconosciuto a livello internazionale che vanta mostre
in numerose città italiane e all'estero: nelle
prime collettive espone dei soggetti “irriverenti” per il mondo
dell’arte e “riverenti” per il pubblico: paste con le zucchine,
carciofini romaneschi, fichi d’india e trittici di peperoncini.
Nella sua prima personale “Natura Picta” (1994), da Roma&Arte,
a Roma, i quadri appesi al muro sono coloratissimi, i soggetti
semplici e le materie sorprendenti.
In
Italia ha esposto a:
Roma , Bassano del grappa, Monopoli, Orvieto, Napoli, Viterbo,
Vasanello, Capalbio, Aprilia, Forlì, Latina, Modena, Mantova, Polza,
Pescara, Latina, Tortoreto, Teramo, Mirano, Firenze, Verona, Bolzano,
Milano, Lucca, Forte dei Marmi, Orbello. All'estero ha esposto in:
Giappone (Nigata, Aichi, Kyoto e Tokyo), Russia (S.Pietroburgo e
Mosca), Germania (Berlino), Svizzera (Nyon e Geneve), Belgio
(Bruxelles), Libano (Zalka), Spagna (Madrid), Turchia (Istambul),
Bali (Ubud), Giordania (Amman e Irbid), Yogia karta, Siria (Damasco),
Siria (Damasco), Portogallo (Lisbona), Francia (Grenoble e Parigi),
Colorado, Chelsea (Nyc).
Quella
di Catalani è una ricerca incentrata sull'unione tra architettura e
paesaggio: sperimenta gli impasti pittorici al confine tra la
pittura, il modellato, la muratura d’architettura. L'artista
definisce l'architettura "un abito che, fin dalle caverne, l’uomo
si dà, creando forma. L'ultimo grande sarto italiano, fu Benito
Mussolini. Dopo di lui ci furono città per un'altra ventina di anni.
I sarti attuali, che ormai fanno gli stilisti e mostrano “concept”,
ci hanno proposto, un’architettura senza forma".
Nell’Architettura
della mia terra
si
trova lo studio e l’amore di Catalani per il rigore e la pulizia
delle linee dell’epoca fascista, dalle sagome del Foro di Mussolini
alle arcate della stazione Termini. Catalani afferma di aver dedicato
molto tempo all'architettura “finché non mi sono accorto che
quando si gira intorno ad una preda da cui si è predati, facilmente
si finisce per azzannare ed essere azzannati. Ora torno qui a cercare
di sciogliere il morso e codificarlo in un dialogo in cui ognuno
possa capire le ragioni dell'altro...” e continua: “...la poesia
e le speranze dei nostri padri e nonni sono gli ultimi rintracciabili
nel tessuto delle nostre città; vado con questo lavoro a cercare le
ultime tracce, le ultime forme, gli ultimi fuochi, di una età
dell'oro che per ora è finita e che forse i nostri figli sapranno
esprimere e reinventare. Mi interessa la forma e il perché di un
cornicione, di una finestra, di una balaustra, lo stagliarsi un
terrazzo contro un cielo. Anche la pittura ha una sua immanenza ed è
sempre andata a braccetto con l'architettura, perché le abbiamo
fatte smettere?”
4
maggio 2012
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