Nella prima i protagonisti sono sei topi imbalsamati che mangiano il famoso teschio ricoperto di diamanti di Damien Hirst e uno di loro ha il ventre squarciato per aver mangiato in modo eccessivo. Nella seconda opera, invece, un triste canarino si è suicidato.
In "Sic" la domanda che pone l'artista è: "Qual è il reale valore dell’arte moderna?" mente più complessa è la storia del secondo, come ci racconta lo stesso Molin.
“La libertà non è star sopra un albero – spiega l'autore - è la storia triste di un canarino acquistato per il bel canto la cui ugola melodiosa d’improvviso viene a difetto e per compiacere in un altro modo l’insoddisfatto padrone, si inventa artista di pennelli; forse la prigionia, il paesaggio esterno oppure per la scarsa vocazione, anche il quarto quadro non sporca di colore…il padrone, indispettito, non sapendo che fare del pennuto senza qualità, decide di aprire la gabbia regalandogli l’insperata libertà. Il povero canarino, non conoscendo altro che la propria piccola gabbietta, assalito da una immane tristezza e non sentendosi all’altezza del mondo circostante, dopo essersi ubriacato ed aver inghiottito decine di pastiglie, si prepara il cappio davanti all’albero in passato a lungo desiderato e, con l’estremo gesto, muore sotto la neve di un gelido inverno”.
Dunque ... li ho usati in effetti su 3 opere. Con buona probabilità, sulle mie scelte ha inciso il fatto di avere da 14 anni un negozio di animali. Utilizzo gli animali morti (morti per cause non naturali) perché lo trovo adeguato al raggiungimento di un giusto tasso di stupore dell'osservatore ed innalza il tasso di drammaticità che intendo trasmettere.
Ho cominciato due anni fa, anche se le prime opere che mi hanno soddisfatto le ho create nell'ultimo anno.
Credo che ricorra spesso perché, personalmente, le emozioni più potenti sono legate ad essa ed al mistero che da sempre porta con sé. Penso che sia un argomento interessante e per molti versi inesplorabile. Nel mio mondo interiore faccio fatica a trovare un senso davvero soddisfacente all'esistenza perciò ricorro alla morte come possibile porta, passata la quale tutto può apparire interessante. Forse è un argomento per sfuggire alla noia che spesso mi attanaglia un secondo dopo aver ottenuto un risultato e, con esso, la consapevolezza che la materialità di ogni cosa che raggiungiamo è frutto di una vanità effimera non adatta a fornire alcuna importante risposta.
La morte è spesso usata dai media congiuntamente alla violenza per scopi meramente commerciali che, a mio parere, la banalizzano. Insomma, parlarne interiormente è come riappropriarsi della nostra morte, ovvero di un momento di sublime verità che non credo sia disgiunto dalla vita stessa.
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